Intervento nella seduta del 5 febbraio 1991
La legge n. 142/90 di riforma del sistema delle autonomie locali determina attualmente una fase di transizione di non poca rilevanza, andando a toccare un ampio spettro di funzioni tra loro collegate e rendendo necessario rivedere ed innovare il sistema legislativo regionale in molte materie tra le quali la programmazione economica.
(…) I Comprensori sono stati aboliti e - se si è esplicitato il ruolo delle Province in materia di programmazione - rimangono ancora da definire il ruolo e le funzioni della città metropolitana. Soprattutto in un contesto come quello piemontese, in cui gran parte delle risorse è concentrata nell’ambito torinese, tale definizione riveste una importanza che non può essere sottovalutata e da cui non è pensabile di poter prescindere.
(…) Esistono all’orizzonte, oltre alla legge 142, già operante, altre importanti trasformazioni in arrivo: la legge sul ciclo delle acque, che sconvolgerà un settore essenziale dei servizi ai cittadini: la rivoluzione nella sanità, non tanto per la rizonizzazione delle UU.SS.SS.LL., quanto per l’eventuale trasferimento in blocco del settore alle Regioni; il cambiamento delle regole finanziarie che, timidamente avviate verso l’autonomia impositiva, dovranno assumere sia una più cospicua dimensione quantitativa sia l’affermazione di una cultura della responsabilità necessaria per non provocare danni od arresti all’azione amministrativa.
(…) I cambiamenti che si preparano e che sono indispensabili sul piano istituzionale, le questioni economiche e sociali che stanno prepotentemente prendendo corpo in Piemonte, dalla crisi di settori economici strategici alle serie, mutazioni demografiche, richiedono una forte riflessione, richiedono soprattutto la consapevolezza che non sono sufficienti le sole energie istituzionali della Regione. Perché non convocare, allora - mi si consenta i termini- gli Stati generali del Piemonte? Da tutti, operatori pubblici e privati, possono venire, non solo spunti programmatici, ma anche la solidarietà e le responsabilità per far crescere, sì, la Regione, ma soprattutto il Piemonte.
(…) I Comprensori sono stati aboliti e - se si è esplicitato il ruolo delle Province in materia di programmazione - rimangono ancora da definire il ruolo e le funzioni della città metropolitana. Soprattutto in un contesto come quello piemontese, in cui gran parte delle risorse è concentrata nell’ambito torinese, tale definizione riveste una importanza che non può essere sottovalutata e da cui non è pensabile di poter prescindere.
(…) Esistono all’orizzonte, oltre alla legge 142, già operante, altre importanti trasformazioni in arrivo: la legge sul ciclo delle acque, che sconvolgerà un settore essenziale dei servizi ai cittadini: la rivoluzione nella sanità, non tanto per la rizonizzazione delle UU.SS.SS.LL., quanto per l’eventuale trasferimento in blocco del settore alle Regioni; il cambiamento delle regole finanziarie che, timidamente avviate verso l’autonomia impositiva, dovranno assumere sia una più cospicua dimensione quantitativa sia l’affermazione di una cultura della responsabilità necessaria per non provocare danni od arresti all’azione amministrativa.
(…) I cambiamenti che si preparano e che sono indispensabili sul piano istituzionale, le questioni economiche e sociali che stanno prepotentemente prendendo corpo in Piemonte, dalla crisi di settori economici strategici alle serie, mutazioni demografiche, richiedono una forte riflessione, richiedono soprattutto la consapevolezza che non sono sufficienti le sole energie istituzionali della Regione. Perché non convocare, allora - mi si consenta i termini- gli Stati generali del Piemonte? Da tutti, operatori pubblici e privati, possono venire, non solo spunti programmatici, ma anche la solidarietà e le responsabilità per far crescere, sì, la Regione, ma soprattutto il Piemonte.