Intervento nella seduta del 16 ottobre 1990
La manovra economica in atto ha come obiettivo immediato ed urgente il contenimento del debito a livelli tali da evitare spinte a nuovi disavanzi ed apre la strada a successivi interventi in grado di modificare strutturalmente le voci più importanti di formazione della spesa pubblica: sanità, previdenza e trasporti in primo luogo.
È un rientro nell’Europa che ci è richiesto dai Paesi partner della Comunità e che deve passare attraverso l’equità fiscale e la lotta all’evasione, attraverso il taglio di larghe isole di inefficienze, che, nella grandiosa ridistribuzione di risorse, si sono create in questi anni in particolar modo negli apparati pubblici, attraverso la lotta alla malavita che in alcune Regioni ha annientato l’azione dello Stato, sfruttando le omissioni e purtroppo a volte anche le complicità dei pubblici poteri.
L’affermazione di queste iniziative, che devono essere prioritarie, non può però sottrarci all’accettazione di un’ulteriore valutazione. Dal confronto con le economie e le società degli altri Paesi europei emerge che il livello di benessere del nostro popolo ed il conseguente livello di debito pubblico sono nel complesso superiori ad un normale e corretto rapporto con il prodotto interno lordo. In altre parole, viviamo al di sopra delle nostre possibilità. In un Paese affannato dall’esasperata ricerca del consenso, so che è difficile dire alle famiglie che occorre contenere il livello dei consumi, però questo è, insieme alle iniziative prima citate, la cruda medicina che deve essere proposta ed applicata, ed anche con estrema urgenza.
(…) Nella seduta della scorsa settimana della Conferenza dei Presidenti delle Regioni italiane abbiamo concorso ad una preoccupata critica della severa azione deflattiva del Governo, soprattutto per quella parte improntata ad una chiusura centralistica alle autonomie, ma abbiamo anche avanzato, con un pacchetto organico di proposte, un disegno serio di riforma della finanza regionale per giungere al risanamento della finanza pubblica attraverso una diversa articolazione della spesa e delle entrate e con l’individuazione di centri di responsabilità regionali che snelliscano e limitino l’azione centrale.
È un rientro nell’Europa che ci è richiesto dai Paesi partner della Comunità e che deve passare attraverso l’equità fiscale e la lotta all’evasione, attraverso il taglio di larghe isole di inefficienze, che, nella grandiosa ridistribuzione di risorse, si sono create in questi anni in particolar modo negli apparati pubblici, attraverso la lotta alla malavita che in alcune Regioni ha annientato l’azione dello Stato, sfruttando le omissioni e purtroppo a volte anche le complicità dei pubblici poteri.
L’affermazione di queste iniziative, che devono essere prioritarie, non può però sottrarci all’accettazione di un’ulteriore valutazione. Dal confronto con le economie e le società degli altri Paesi europei emerge che il livello di benessere del nostro popolo ed il conseguente livello di debito pubblico sono nel complesso superiori ad un normale e corretto rapporto con il prodotto interno lordo. In altre parole, viviamo al di sopra delle nostre possibilità. In un Paese affannato dall’esasperata ricerca del consenso, so che è difficile dire alle famiglie che occorre contenere il livello dei consumi, però questo è, insieme alle iniziative prima citate, la cruda medicina che deve essere proposta ed applicata, ed anche con estrema urgenza.
(…) Nella seduta della scorsa settimana della Conferenza dei Presidenti delle Regioni italiane abbiamo concorso ad una preoccupata critica della severa azione deflattiva del Governo, soprattutto per quella parte improntata ad una chiusura centralistica alle autonomie, ma abbiamo anche avanzato, con un pacchetto organico di proposte, un disegno serio di riforma della finanza regionale per giungere al risanamento della finanza pubblica attraverso una diversa articolazione della spesa e delle entrate e con l’individuazione di centri di responsabilità regionali che snelliscano e limitino l’azione centrale.